Da qualche giorno si era spento l’eco della tragedia alluvionale avvenuta in Provincia di Messina, che già oggi il problema si ripresenta con drammaticità estrema, e da qualche ora, che si è appresa la notizia di un altro evento alluvionale che ha interessato l’isola di Ischia in Campania, una ragazza di 15 anni ha perso la vita, mentre non si sa ancora se ci sono altre vittime nelle decine di vetture trascinate in mare dalla catasta di fango scivolata a valle. Noi abbiamo ricevuto dal Commissario Superiore Vincenzo Crimi, (Nella Foto), Comandante del Distaccamento Forestale di Bronte ed autore di diversi libri (ricordiamo “Rahab: il bosco Ragabo di Linguaglossa”; “Il territorio di Castiglione di Sicilia”; “Al Quantrah – La Valle incantata”; e da poco “Flora, Fauna e aspetti naturalistici del territorio di Bronte”; libri in cui riversa tutte le sue esperienze provenienti da anni di attività sul territorio, tra fiumi, boschi, lava e di tanti altri elementi della natura che quando si scatenano possono provocare scenari indimenticabili, ma anche tragedie luttuose. Grati della sua collaborazione, vi lasciamo all’articolo, accompagnato, come sempre da alcune foto, sia del Simeto, sia di Giampilieri Marina, poche ore dopo l’alluvione. Buona Lettura.
IL DISSESTO IDROGEOLOGICO DEL MESSINESE di V. Crimi
In questi giorni abbiamo assistito attraverso i mass-media al dramma delle popolazioni colpite dal grave fenomeno di dissesto idrogeologico, causato dalle straordinarie piogge che con grande virulenza si sono abbattute sul comprensorio messinese. La morfologia di queste terre dipende rigorosamente dalla natura litologica dei terreni affioranti che varia a seconda delle zone. Dove più accentuato è l’affioramento di terreni impermeabili, viene favorita una idrografia superficiale discretamente sviluppata che si integra con la moltitudine di valli molto acclivi ad andamento dendritico, che versano le acque nei torrenti che a loro volta si riversano nel mare. Il clima di questo territorio, per natura abbastanza caldo temperato, oggi può considerarsi arido, con estati molto secche e inverni più o meno miti. Le modificazioni climatiche si manifestano con precipitazioni temporalesche in brevi periodi dell’anno e con grande intensità. Nella fattispecie accaduta nel messinese, è successo che l’acqua, prodotta dalle forti piogge dei giorni scorsi, non trovando idonea copertura arborea a monte e un’adeguata regimazione che ne abbia potuto regolarne il normale deflusso, a causa della sua forza di impatto con la struttura argillosa del suolo, si è infiltrata, ha raggiunto lo strato impermeabile, imbevendo e disgregando il terreno superficiale che, gonfio d’acqua ha perso la sua stabilità, è scivolato a valle ed ha causato consistenti fenomeni di dilavamento, erosione, sgretolamento e infine frane. Questa massa di terreno in movimento, si è riversata nei centri urbani, causando vittime umane e danni eccezionali a strutture e infrastrutture, insediamenti e coltivazioni agrarie, ferrovie e strade, le quali, a seconda della pendenza, si sono trasformate in veri e propri impetuosi fiumi di fango in piena che hanno travolto tutto ciò che si trovava lungo il loro percorso. Certamente, se maggiore boscosità era presente sui terreni a monte e ripariali, minori sarebbero stati gli effetti negativi di questo disastroso evento. Questa catastrofe ha certamente portato la gente di buon senso ad effettuare qualche riflessione ed a porsi qualche domanda. E’ vero che la Sicilia…e l’intera Italia è a forte rischio di dissesto idrogeologico? Si poteva evitare il disastro del messinese? Cosa fare? Certamente, rispondere diventa arduo sia per i tecnici che per la gente comune. Tuttavia, pur con la dovuta diffidenza, sperando che quanto accaduto non dovrà più a ripetersi, dovrebbe essere posto in opera, il principio fondamentale che sempre ha dato eccellenti risultati: la prevenzione. Va innanzi tutto precisato che le varie forme di prevenzione debbono avere sempre per base, una buona esperienza acquisita sul territorio, tramite lo studio e l’analisi riguardo alle cause scatenanti di questi fenomeni, attraverso un attenta rilevazione delle aree territoriali da considerarsi a rischio frane, in modo da poterli meglio prevenire e combattere, o quanto meno renderli almeno più governabili e pertanto, portatori di guasti più o meno accettabili per la collettività. Affinché per il futuro tale fenomeno possa essere escluso o quantomeno contenuto, sarebbe opportuno regolare il normale deflusso delle acque, così da rimuovere o frenare il disgregamento e lo smottamento del terreno e il suo franamento a valle. Dopo avere effettuato su tutto il territorio di intervento un attento monitoraggio delle complesse problematiche che potrebbero scatenare il fenomeno e delle aree a rischio, si dovrà procedere nel porre in essere vere e proprie opere di ingegneria idraulica, aventi caratteristiche appropriate e risolutive di sistemazione strutturale. Inoltre, diventa di primaria importanza, passare ad una consistente opera di rimboschimento o cosiddetta di difesa forestale. La rinaturalizzazione del territorio con opere di inerbimento, di cespugliamento e di impianto di boschi lungo i pendii è da considerare fondamentale, infatti, oltre ad evitare gravi forme di dissesto, i boschi contribuiscono a migliorare il paesaggio, svolgendo un compito molto importante ai fini dell’equilibrio naturale, riuscendo perfino a stabilizzare il terreno, attraverso una funzione di grande rilevanza : la funzione idrogeologica. In questa funzione, il bosco interviene sia con le chiome degli alberi che attenuano l’impatto dell’acqua con il suolo, che con le radici che trattengono saldamente il terreno in modo da evitare che lo stesso trascinato a valle, crei gravi forme di dissesto idrogeologico. I sopradescritti interventi, realizzati in forma preventiva, certamente vanno integrati con le norme di comportamento che assume l’uomo nel suo rapporto con l’ambiente ed in particolare attraverso il buon governo dell’espansione incontrollata dell’edilizia residenziale lungo i corsi d’acqua, e i siti a rischio. Insomma, non devono fare paura i fiumi in piena, sono le norme di comportamento che assume l’uomo nel suo rapporto con l’ambiente che a volte creano squilibri. L’uomo dovrebbe sempre operare in forte sinergia con il territorio, nella consapevolezza che l’interesse dell’uno è subordinato alla salvaguardia dell’altro, come a sembrare un legame simbiotico. Ciò non sempre accade, perché l’uomo, con la sua mente piccola, forse non ha ancora la piena coscienza della gravissima crisi ambientale che sta vivendo. Sono molteplici le grida di allarme che ci pervengono periodicamente dalla comunità scientifica, la terra è in pericolo, l’uomo è in pericolo, e questa nostra prosperosa civiltà dei consumi, sta gettando le basi per una folle e sconsiderata autodistruzione di un pianeta malato, stanco, oltraggiato da uno sfruttamento sconsiderato in cui ogni cosa, animata e inanimata, ha valore unicamente se e in quanto merce, prodotto da vendere. No…non mi fanno paura i fiumi in piena…….. Vincenzo Crimi (Commissario Superiore Comandante del Corpo Forestale Reg. Sic. – Bronte) vincenzocrimi@libero.it