Lo hanno trascinato in un casolare di campagna e per un giorno intero lo hanno picchiato e insultato. Gli hanno messo perfino una grossa corda al collo e gli hanno puntato una pistola alla testa minacciandolo di morte. Dopo ore di pressioni psicologiche lo hanno rimesso in libertà, ma con un avvertimento: la sua vita e quella dei familiari sarebbe stata in serio pericolo se non avesse onorato, mese dopo mese, le rate del prestito usurario che erano state pattuite, con tassi elevatissimi e fuori delle sue possibilità economiche. È stata questa la devastante esperienza vissuta da un piccolo imprenditore di Randazzo che, attraversando un periodo di crisi nera e non sapendo dove andare a sbattere la testa, aveva commesso l’errore più grande della sua vita: rivolgersi a un’organizzazione criminale del luogo dedita anche all’usura. Ma dopo quella terribile giornata, che l’ha segnato profondamente, l’uomo ha preso due importanti decisioni: primo, denunciare tutto ai carabinieri; secondo, prendere la sua famiglia, fare le valigie e scappare lontano dalla Sicilia. Ed è stato proprio da questa denuncia che è partita l’inchiesta dei militari della stazione di Randazzo, coordinata dalla Procura della Repubblica di Catania e sfociata ieri nell’esecuzione di 8 ordinanze di custodia cautelare – 5 in carcere e 3 agli arresti domiciliari – emesse dall’ufficio del gip presso il Tribunale di Catania su richiesta della Dda della Procura etnea a carico di altrettanti soggetti legati al clan mafioso dei “Ragaglia”, operante a Randazzo e zone limitrofe. Agli arrestati sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, furto, estorsione, usura e sequestro di persona. I dettagli dell’operazione “Trinacium” sono stati rivelati ieri mattina, nella sala stampa della Procura, dal procuratore Giovanni Salvi, dal comandante provinciale dei carabinieri Alessandro Casarsa e dal sostituto procuratore Antonella Barrera. Gli arrestati appartengono a un’associazione criminale armata legata alla famiglia catanese dei “Laudani”, meglio nota come “Mussi ‘i ficurinia”, dedita a delitti contro la persona e il patrimonio, tutte attività finalizzate all’arricchimento del sodalizio, al controllo del territorio e all’acquisizione, controllo e gestione del tessuto economico locale. Le indagini hanno avuto inizio nel 2011 e si sono protratte sino al 2013, mesi in cui i carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile hanno monitorato, con indagini tecniche e di tipo tradizionale, le attività del sodalizio criminale e dei suoi associati. Le risultanze investigative hanno confermato in pieno la vitalità e l’operatività del clan, articolato nella classica struttura organizzata e verticistica il cui ruolo apicale era esercitato da Claudio Ragaglia, 45 anni, chiamato dagli altri sodali “Il direttore”, affiancato nell’attività di direzione dai fratelli Antonino Salvatore, 52 anni, e Michele, 54 (attualmente ricercato), quest’ultimo figura sempre più influente tra le fila del clan, collaborati da Giuseppe Cartillone, 42 anni, Francesco Rosta (ricercato), 72, Giuseppe Minissale, 51, e Luigi Virgilio, 33, tutti raggiunti dalla contestazione di cui all’art. 416 bis del codice penale. Il gip ha invece applicato la misura degli arresti domiciliari agli indagati Samuele Rosario Lo Castro, 29 anni (già detenuto per altra causa nel carcere di Palermo), Antonio Salvatore Sapiente, 48, e Paolo Rombes, 57, che hanno assunto un ruolo attivo in favore dell’associazione mafiosa, partecipando ai reati di usura, recuperando forzosamente i crediti, nonché rendendosi responsabili di furti ed estorsioni caratterizzate dal cosiddetto metodo del “cavallo di ritorno”. Le indagini hanno evidenziato il tentativo del gruppo criminale di assumere il controllo del territorio, oltre che con attività illecite anche mediante l’accurata gestione dei rapporti con altri gruppi criminali delle zone limitrofe. I riscontri investigativi, caratterizzati anche da attività tecniche di intercettazioni ambientali e telefoniche, hanno permesso di ricostruire i ruoli e il vissuto criminale del clan, evidenziando anche la particolare accortezza degli associati nell’evitare i controlli delle forze dell’ordine. «Le vittime – ha detto il procuratore Salvi – devono sapere che possono rivolgersi con fiducia alle forze dell’ordine e troveranno risposta e adeguata tutela in tempi sempre più brevi, come dimostrano le ultime operazioni messe a segno dalla Procura con il lavoro prezioso delle forze dell’ordine».
Vittorio Romano Fonte “La Sicilia” del 23-09-2014
LA SODDISFAZIONE DI MUSUMECI, CASTIGLIONE E DELL’ASSOCIAZIONE “ADDIOPIZZO”
A far riflettere la comunità di Randazzo sono le parole del comandante dei carabinieri Alessandro Casarsa quando ha affermato che «Randazzo non è un isola felice». «Io già da tempo ho denunciato in Prefettura un sorta di escalation di atteggiamento illegale nella cittadina – ci dice il sindaco Michele Mangione – esiste a mio avviso una sorta di disagio che può sfociare nella criminalità. Gli stessi atti vandalici che spesso siamo costretti subire sono un segnale. Permettetemi comunque – conclude – di complimentarmi per la brillante operazione con la Direzione distrettuale antimafia e con la Compagnia carabinieri di Randazzo, cui confermo tutta la mia stima». Tanti i complimenti giunti alla Procura di Catania e ai carabinieri: «In pochi giorni – ha dichiarato l’on. Nello Musumeci, presidente della Commissione Antimafia dell’Ars – due importanti operazioni. Desidero esprimere il più vivo compiacimento della commissione parlamentare Antimafia al procuratore Salvi e al colonnello Casarsa. In questi mesi – continua – l’azione di repressione messa in atto dalle forze dell’ordine etnee, nel coordinamento svolto dalla Procura, è stata incessante. Oggi esiste nel tessuto cittadino la piena consapevolezza di un percorso di legalità che non può più essere interrotto e che, anzi, deve rafforzarsi con la partecipazione, accanto alle Istituzioni, di tutte le forze sociali». «Un altro duro colpo ai clan, alla mafia che toglie ossigeno all’economia e uccide la democrazia – ha aggiunto il sottosegretario all’Agricoltura, Giuseppe Castiglione – è l’ennesima dimostrazione di efficienza dovuta al grande lavoro della Magistratura e delle forze dell’ordine che a Catania e in provincia riescono a fare prevalere la legalità. Alla Procura di Catania e ai carabinieri la nostra gratitudine». Una nota è giunta anche dall’associazione Addiopizzo: «Ci congratuliamo – scrivono – con i carabinieri del Comando provinciale di Catania e con la Procura per l’operazione che ha condotto all’arresto di 8 esponenti del clan Laudani legati alla famiglia mafiosa di Randazzo, a dimostrazione che l’impegno delle forze dell’ordine e della Procura etnea si estende anche ai paesi della provincia evitando che ci siano delle zone franche in mano alla criminalità organizzata».
L. S. Fonte “La Sicilia” del 23-09-2014