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L’UOMO E LE FORESTE di Vincenzo Crimi

17 Gennaio 2010
in Ambiente
Tempo di lettura: 6 minuti
L’UOMO E LE FORESTE di Vincenzo Crimi
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L’uomo sin dall’antichità, ha saputo convivere con i boschi, prendendo da essi soltanto il necessario per la propria esistenza. Quando, per varie ragioni,  questo prelievo è stato imponente ed indiscriminato, allora i nostri boschi ne hanno sofferto in modo considerevole. Le foreste sono da considerare un bene indivisibile e sacro per l’uomo che li deve rispettare e tutelare a tutti i costi. Non  può esserci futuro per l’uomo senza il rispetto verso i boschi. L’uomo deve rafforzare una sana coscienza forestale,  a riaccendere sia l’interesse verso il patrimonio boschivo, sia l’esigenza di una  semplice ma essenziale riflessione che  deve fare sull’ambiente che lo circonda, affinché acquisisca la piena consapevolezza che la tutela dell’ambiente forestale è oramai diventata una necessità per la propria stessa sopravvivenza. Oggi le foreste si estendono sul pianeta su 3,9 miliardi di ettari che corrispondono a circa il 30% della superficie territoriale globale e svolgono un ruolo fondamentale per l’umanità, perché forniscono una molteplicità di servizi e perchè costituiscono un immenso contenitore di biodiversità, ospitano la gran parte delle specie viventi animali e vegetali e sono i siti naturali dove vegetano una immensità di piante superiori, indispensabili per la generazione di strutture fisiche e nicchie ecologiche per tantissime altre specie viventi, animali e vegetali. Le foreste forniscono all’uomo legna per combustibile e per lavoro, sostanze medicinali, fibre alimenti, acqua, ossigeno e quanto è utile per la vita stessa dell’uomo e di altri organismi viventi. Le foreste sono utilissime per la salvaguardia del territorio in quanto frenano l’erosione del terreno attraverso la regolamentazione dei flussi d’acqua tramite radici e parti aeree e inoltre, svolgono altre funzioni di grande interesse: economico e ricreativo. Basti pensare che il bosco ha rappresentato in passato e tuttora una considerevole fonte di sostentamento e di reddito per le popolazioni di montagna, nonché di svago e ricreazione per tutti.  Oramai possiamo dire che la collettività internazionale ha riconosciuto le funzioni che le foreste sono chiamate a svolgere per la protezione dell’ambiente globale e locale ed ha assegnato loro un ruolo chiave nelle strategie di politica ambientale, che tende al controllo dell’attenuazione dei cambiamenti climatici, quindi alla lotta alla desertificazione,  alla conservazione della biodiversità, al risanamento ambientale ed al rispetto dei beni panoramici-paesaggistici. Inoltre, le foreste, attraverso la fotosintesi catturano una grande massa di anidride carbonica dall’atmosfera e rilasciano ossigeno.

Oltre 10.000 anni fa, il pianeta era prevalentemente coperto di foreste e da allora sino ai giorni nostri, abbiamo perso almeno il 70% di queste superfici boscate. Le grandi foreste che ci rimangono, concentrate in Amazzonia, Canada, Sud-est Asiatico, Africa centrale e Federazione Russa,  tendono sempre ad assottigliarsi a causa del continuo degrado e deforestazione. Infatti, negli ultimi dieci anni, il disboscamento ha assunto un ritmo insostenibile e senza precedenti. Sono oltre 161 milioni di ettari le foreste naturali e semi-naturali sottratte al patrimonio boschivo mondiale, come dire che ogni anno va distrutta un’area forestale pari a circa la metà della superficie territoriale italiana. Oltre il 90% di questa deforestazione si consuma a danno delle foreste tropicali come l’Amazzonia, il Congo e l’Indonesia. Le cause primarie che sono  alla base della deforestazione sono molteplici e tra loro connessi: la povertà, la crescita demografica ed economica nei paesi in via di sviluppo, l’urbanizzazione e lo sviluppo turistico, spesso incontrollato, la necessità di disporre di suoli per l’agricoltura e la sostituzione di foreste naturali o semi-naturali con nuove piantagioni forestali per la produzione di legname a rapido accrescimento. Un’altra causa che possiamo definire principale, va ricercata nella mancanza di un idoneo controllo, quindi disboscamento per lo più  illegale e non sostenibile, per prelevare legname per scopi industriali dalle foreste tropicali che riguardano un terzo della deforestazione globale. Sappiamo oggi che la sopravvivenza dell’umanità dipende dall’equilibrato funzionamento degli ecosistemi naturali del nostro pianeta e le foreste sono parte integrante di tali meccanismi perché svolgono numerose funzioni essenziali ed indispensabili per la vita stessa dell’uomo. Le emissioni di sostanze dannose nell’atmosfera da parte delle industrie  sono state drasticamente  ridotte del 70-80%, ciò ha determinato un sensibile miglioramento delle condizioni di tutti gli ecosistemi planetari. Sono stati combattuti e neutralizzati gli effetti delle famigerate “piogge acide”, che da vent´anni a questa parte hanno contribuito a deteriorare seriamente la salute delle foreste soprattutto in Europa Centrale dove maggiore è la concentrazione industriale, ma anche in gran parte dei Paesi dell’Europa Occidentale. Ovviamente, nuove minacce si presentano per i nostri precari ecosistemi forestali. Le massicce utilizzazioni per profitto a cui sono sottoposte le nostre foreste, determinano un grave depauperamento della rete ecologica, con gravi perdite di biodiversità e di risorse fauno-floristiche. Molto rilevanti possiamo considerare i danni causati all’ambiente dai gas nocivi presenti  nell’atmosfera  a causa della progressiva ed inarrestabile espansione del settore del trasporto su gomma. La deforestazione e la degradazione delle foreste, fortunatamente si attenua nei paesi sviluppati, anzi possiamo dire che in alcuni di questi paesi, come l’Europa, a partire dagli anni sessanta, si registra un aumento del 10% delle superfici boscate. Questi buoni risultasti si sono ottenuti  grazie ad ottimi programmi di investimento a carattere continentale. Tuttavia, i dati di cui siamo in possesso, esprimono luci ed ombre e se da un lato aumentano le foreste, è vero che le stesse non godono di ottima salute, in particolare in molti Paesi dell’emisfero Nord, dalle zone boreali a quelle mediterranee, dove è presente una situazione di potenziale pericolo per il degrado, di depauperamento della diversità biologica e di perdita di produttività, a causa di una serie di impatti di origine prevalentemente antropica, quali incendi, acidificazione dei suoli, deposizione di composti azotati, danni legati all’inquinamento da ozono e ai cambiamenti climatici in corso, desertificazione. Il fenomeno preoccupante del cambiamento climatico che si sta definendo in questi ultimi anni in tutto il continente europeo, ma soprattutto nella sua parte meridionale, è una seria minaccia per i nostri ecosistemi.                       

A causa del rapido surriscaldamento della Terra, è opinione di illustri studiosi che nei prossimi cent´anni è prevista una progressiva disgregazione degli ecosistemi forestali. Il cambiamento climatico è considerato un pericolo grave per la conservazione della biodiversità e la società contemporanea, invece di attivarsi per limitare i danni, ha proceduto irresponsabilmente ad aumentare massicciamente l’emissione nell’atmosfera di CO2.  Mentre le specie mediterranee ed infestanti subiranno un’espansione considerevole, si ridurrà considerevolmente l’areale delle specie mesofite come il faggio che in alcune aree a livello locale, potranno addirittura scomparire. Solo poche specie potranno adattarsi alle condizioni climatiche avverse e poche componenti potranno trasmigrare in territori più appropriati ai mutati scenari climatici o  sposteranno il loro areale alle quote più elevate. L’uomo, sin dalla sua prima comparsa sul pianeta, ha modificato a suo vantaggio gli ambienti naturali per cacciare, coltivare, spostarsi, costruire. La sua capacità di incidere sull’ambiente non era mai stata tale da rischiare di comprometterne l’esistenza stessa. Tra l’uomo e le foreste nel corso dei millenni  si è stabilita una connessione molto stretta che si è prolungata nel corso del tempo fino ai giorni nostri. Oggi, invece, con l’avvento dell’era industriale, grazie al progresso tecnologico che consente modificazioni su scale prima impensabili, e grazie al numero assai maggiore di esseri umani che vivono sulla terra, l’impatto dell’uomo è diventato tale da rischiare di modificare il normale corso degli eventi naturali. Infatti, l’uomo ha  profondamente alterato l’ambiente a livello globale, modificando i cicli biogeochimici, cambiando l’uso del suolo, trasformando il territorio. Tutto ciò ha inevitabilmente condotto alla perdita di un enorme numero di specie che  si sono estinte per  100-1000 volte in più rispetto all’era pre-umana. Le aree che rischiano maggiormente di soffrire le conseguenze peggiori sono proprio quelle più ricche in biodiversità, spesso costituite da foreste che, in alcune aree geografiche purtroppo, stanno scomparendo a ritmi drammatici,  a causa dell’indiscriminato attacco che l’uomo sta portando contro di esse. Forse l’uomo, con la sua mente piccola,  non ha ancora la piena consapevolezza della gravissima crisi ambientale che sta vivendo. Sono molteplici i gridi di allarme che ci pervengono periodicamente dalla comunità scientifica, la terra è in pericolo, l’uomo è in pericolo, e questa nostra prosperosa civiltà dei consumi, sta gettando le basi per una folle e sconsiderata autodistruzione di un pianeta malato, stanco, oltraggiato da uno sfruttamento sconsiderato in cui ogni cosa, animata e inanimata, ha valore unicamente se e in quanto merce, prodotto da vendere.Forse non è lontano il momento in cui l’umanità dovrà guardarsi allo specchio e fare i conti con un forviante concetto di progresso e di sviluppo a tutti i costi, forse arriverà il tempo  di trovare radicali soluzioni ad un quadro globale devastante che, di giorno in giorno, si aggrava sempre di più.

                        Vincenzo Crimi

     Commissario Superiore del Corpo Forestale

Comandante del Distaccamento Forestale di Bronte

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