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CESARO’ E SAN TEODORO: UN “FRITTO MISTO” DI ESPERIENZE

14 Luglio 2021
in Cesarò e San Teodoro
Tempo di lettura: 5 minuti
CESARO’ E SAN TEODORO: UN “FRITTO MISTO” DI ESPERIENZE
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Si può partire da una pianta spinosa, infestante, difficile (da cucinare) e pure bruttarella – fiore a parte – per far conoscere un territorio? A Cesarò, 2.500 anime nel cuore dei Nebrodi, l’hanno fatto, pastellando dei cardi selvatici, tuffandoli nell’olio bollente e proponendoli in un “coppo” assieme alle verdure spontanee e ai “frascatuli” (la polenta di ceci siciliana ndr). Un cartoccio di frittura dentro il quale non c’è, però, solo cibo. Quei pezzetti di cardo fritto sono la punta dell’iceberg del progetto di quattro quarantenni che si sono messi insieme con l’obiettivo di valorizzare il territorio di Cesarò e dintorni. Frase ormai abusata “la valorizzazione del territorio” che, però, nell’entusiasmo di Guido Massimo Romano, Salvo Drago, Tiziana Valente e Danilo Maria Longo, diventa reale, progetto di vita e di lavoro. L’idea di fare qualcosa di concreto c’era sempre stata fra questi quattro “sautafossi” (dal nome del loro gruppo di musica tradizionale) coscienti di essere nati e cresciuti in un luogo speciale, ma si è concretizzata solo nell’estate del 2018 durante un rientro in paese per le vacanze. Guido (di San Teodoro, ci tiene a dirlo ndr), 41 anni, ex salumiere felice con la voglia, però, di “uscire” dal paese, ha rinunciato ad un posto di ruolo a Bologna come insegnante nella scuola primaria, Tiziana, l’unica catanese, 39 anni, una laurea in Scienze politiche e una formazione da educatrice “di strada” a Librino con l’Ong Mani Tese, si è trasferita a vivere a Cesarò con Danilo, 40 anni, guida naturalistica con l’esperienza di un’azienda agricola di famiglia alle spalle. Salvo, 40enne anche lui, ha mollato un lavoro sicuro a Roma come responsabile di sala in un ristorante a Trastevere e si è buttato a capofitto nella scrittura del nuovo progetto. Insieme hanno dato vita alla “Friggitoria dei Nebrodi – Artigiani del gusto”, così si chiama la loro azienda, cominciando a raccogliere, pulire e friggere i cardi selvatici che i loro padri estirpavano e che loro hanno trasformato in una risorsa.

Così hanno cominciato a presentarsi nelle fiere agroalimentari della zona, facendosi ospitare negli stand degli amici. E si sono messi a friggere, friggere, friggere, come se non ci fosse un domani. Dietro il padellone avevano anche chitarra e tamburo a cornice per cantare le canzoni di Rosa Balistreri. «Abbiamo capito che la cosa poteva funzionare quando i ragazzi che ci chiedevano di “spaccare” un panino con il wurstel alla nostra risposta negativa hanno assaggiato i cardi fritti e sono tornati con altri amici – dice Salvo Drago, pr del gruppo – . Lì ci abbiamo veramente creduto». Dopo questi primi incoraggianti esperimenti i quattro amici hanno deciso di comprare un food truck tutto loro, brandizzato con il logo della friggitoria. «Poi è arrivato il Covid – ricordano – abbiamo comprato un telone e lo abbiamo ricoperto in attesa di tempi migliori». Nel frattempo hanno continuato a raccogliere verdure, idee e a pensare come fare del coppo fritto lo “specchietto per le allodole” di un progetto ben più ampio che assieme ai sapori delle piante spontanee offrisse l’occasione di conoscere i Nebrodi da tutti i punti di vista, naturalistico, tradizionale, culturale, contadino, artigianale. l progetto è nato come risposta ad un momento di crisi – rivela Tiziana -. Io avevo voglia di cambiare vita, di trovare stabilità e serenità in un posto in mezzo alla natura, più piccolo, in cui recuperare il senso della relazione. In fondo la nostra azienda non è altro che un calderone nel quale possiamo esprimerci a seconda delle nostre competenze e abilità. Oggi si parla tanto di resilienza, ma che cos’è veramente? Per noi è essere concreti, è riuscire a vedere quello che abbiamo, dargli valore, e combinarlo con creatività. Avevamo un sacco di cardi selvatici e non sapevamo che cosa farci. Di qui è partito tutto». È, infatti, un fritto misto di saper fare quello che offrono i “friggitori”, una sorta di hub culturale a tutto tondo in cui si parte – sì – da una semplice verdura di campagna fritta in pastella (peraltro la ricetta della pastella è un segreto custodito gelosamente da Danilo ndr) ma offre tanto di più, la carta d’identità di una zona, quella dei Nebrodi, tutt’oggi poco conosciuta turisticamente parlando. Nel saper fare dei “friggitori” non c’è solo lo street food contadino, ma anche la realizzazione di strumenti musicali, di gioielli naturali con la fibra dei ficodindia, di saponi agli olii essenziali e poi la musica con le serenate tradizionali, le escursioni naturali, le visite alle fattorie didattiche con l’associazione itinerante “Tupetè”. «In fondo – osserva Guido – la friggitoria era l’anello mancante per chiudere il cerchio, mancava il cibo per completare il racconto più autentico del nostro territorio». «Per noi questo progetto della friggitoria è come un albero con tanti rami – sostiene Salvo Drago – abbiano tante strade possibili da intraprendere, tante frecce al nostro arco. Non sappiamo ancora quali andranno avanti e quali no, di sicuro vogliamo tenere la barra dritta sul turismo relazionale, abbiamo voglia di far conoscere la nostra cultura, di comunicare quello che noi siamo, il nostro vissuto, la nostra tradizione». Proprio nei giorni scorsi il truck è stato “liberato” dal telone ed è pronto a girare per la Sicilia. I “friggitori” si possono incontrare a Cesarò in via stradale Sant’Antonio, a San Teodoro e nelle zone adiacenti a Portella Femmina Morta (il calendario sulla loro pagina Fb). Devono ancora risolvere qualche cavillo burocratico «stiamo impazzendo perché nessuno riesce a catalogarci in una categoria precisa e gli Uffici pubblici non sanno come identificarci», ma la strada sembra ormai in discesa.

Inutile dire che i fornitori della friggitoria sono tutti della zona, scelti preferibilmente fra giovani macellai, panettieri, produttori agricoli, il resto è un regalo della natura. «Cardi, asparagi, verdure selvatiche, raccogliamo tutto noi, puliamo e abbattiamo i prodotti per utilizzarli tutto l’anno, su 90 ettari la materia prima non manca – ride Salvo Drago». «Il cardo selvatico si raccoglie dall’autunno ad inizio primavera, lo puliamo dalle spine e dalle fibre, lo abbattiamo a pezzi, ogni singola costa di cardo viene manipolata almeno quattro volte e non c’è alcun macchinario che ci possa aiutare – spiega Danilo Longo – , va fatto tutto a mano. E poi ci sono tutte le altre verdure, cicoria, cardella, borragine, fiori di sambuco… la maggior parte dei nostri prodotti vengono raccolti, puliti e fritti nel giro di una settimana. Per noi la raccolta è un momento di relax, andiamo per i campi e raccogliamo. È una cosa cui siamo stati abituati da sempre, per gli altri, soprattutto per i ragazzi che vivono in città, i figli dei nostri coetanei, è una scoperta». «Sensibilizzare le nuove generazioni a quello che noi abbiamo vissuto e ancora abbiamo la fortuna di vivere è un nostro obiettivo – afferma Guido Romano -. Abbiamo il dovere di tutelare e tramandare realtà che altrimenti andrebbero perdute». Carmen Greco Fonte “La Sicilia” del 05-07-2021

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