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MANIACE: I 150 ANNI DI UNITA’ D’ITALIA E I 30 DI AUTONOMIA

1 Maggio 2011
in Maniace
Tempo di lettura: 3 minuti
MANIACE: I 150 ANNI DI UNITA’ D’ITALIA E I 30 DI AUTONOMIA
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«Poi quella diga non l’hanno fatta». Padre Nunzio Galati riprende un discorso lasciato aperto in un incontro di ventitré anni fa, quando aveva pubblicato il libro “Maniace l’ex Ducea di Nelson”. «Quando sulla “Sicilia” fu pubblicata l’intervista, vennero a trovarmi i dirigenti dell’impresa di costruzioni per chiedermi cosa avessi contro di loro. Spiegai che volevo solo salvaguardare la natura e la fertilità della nostra valle. Comunque in segno distensivo per la festa di Santa Barbara mi invitarono a celebrare la messa per i lavoratori dei cantieri. Anche in quell’occasione dissi che non avevo nulla contro gli operai, ma temevo gli effetti devastanti della costruzione della diga». L’ultima battaglia il parroco e i suoi parrocchiani la sostennero quando Antonio Di Pietro, divenuto ministro dei Lavori pubblici, ordinò di riaprire tutti i cantieri bloccati. «Forse aveva informazioni sbagliate, comunque venne un sottosegretario, gli spiegammo la situazione e facemmo valere le nostre ragioni».  I capelli sono imbiancati ma lo spirito battagliero di Nunzio Galati è rimasto immutato. Siamo venuti a Maniace per partecipare ai festeggiamenti dei trent’anni dell’autonomia da Bronte, ottenuta grazie ad una lunga battaglia in cui il sacerdote è stato animatore e poi storico. Nessuno dimentica di manifestare nei suoi confronti un debito di riconoscenza. Nel salone parrocchiale la rievocazione della lotta per l’autonomia finisce con l’intrecciarsi e sovrapporsi alla presenza della Ducea, causa originaria della nascita della nuova comunità, composta da tortoriciani che attraversavano i Nebrodi in cerca di pane e lavoro, divenuta odiato simbolo anacronistico di dominio e sfruttamento feudale. Alcune date sono basilari. Nel 1937 arrivò la prima statua di San Sebastiano, il santo venerato a Tortorici che rafforzò il senso di appartenenza e identità. Nel 1941 il fascismo, in odio agli inglesi, espropriò la Ducea e per sfregio costruì il borgo Caracciolo proprio di fronte alle mura del castello. Caracciolo era l’ammiraglio della rivoluzione napoletana fatto impiccare nel 1799 da Nelson con un tradimento per compiacere i sovrani borboni. Nel Dopoguerra, tornati i duchi, il borgo fu raso al suolo dalle ruspe. Poi le lotte contadine, culminate nel lunghissimo sciopero del 1961, portarono alla divisione delle terre. Nel 1981 Bronte acquista dai Duchi il castello mentre Maniace ottiene l’autonomia. Le cerimonie si sono svolte nel salone parrocchiale con foto, video, canti popolari e letture di ricordi raccolti dai nipotini, solerti nell’espletare l’incarico ricevuto dagli insegnanti. Si è rivissuto un mondo di povertà, una comunità che viveva fuori dalla storia e dal progresso, divenuta uno scandalo nazionale per la mancanza di scuole, strade e servizi essenziali. Nelle case, in una valle bagnata da tre torrenti, mancava persino l’acqua. A Maniace è tutto nuovo: la chiesa, il salone parrocchiale, il municipio e molte case. Il sindaco Salvatore Pinzone Vecchio, dopo averci mostrato il garage in cui fino a poco tempo fa si tenevano le riunioni del consiglio comunale, ci conduce nel nuovo municipio costruito in due anni e appena inaugurato. «Questo miracolo noi lo dobbiamo a Totò Cuffaro. Quand’era presidente della Regione venne qui accompagnato dall’attuale presidente della Provincia Castiglione. Davanti al garage rimase incredulo. Veramente il consiglio comunale si riunisce qui? Ci penso io». La fertile valle di Maniace ora è ricca di frutteti. Il paese è uno dei pochi in cui la popolazione abbia avuto un incremento. Dai 3100 del 1981 si è passati ai 3600 di oggi. Il Comune fa parte del Parco dei Nebrodi ma non esiste una strada che la colleghi agli altri paesi della comunità. Anzi una strada ci sarebbe ma non è percorribile, si tratta della Regia Trazzera che da qui arriva a Longi e, attraverso Galati Mamertino, a Tortorici. E’ questo il nuovo sogno di Maniace: essere collegati alla città madre attraverso una via di grandi suggestioni naturalistiche e paesaggistiche. Il Castello di Nelson da memoria di sofferenza e sfruttamento ora è divenuto mezzo di richiamo turistico e di arricchimento, anche se, pur essendo alle porte del paese, appartiene al territorio di Bronte. In ogni caso i maniacesi, a scanso di equivoci, nella chiesa medievale dell’ex abbazia hanno collocato una statua di San Sebastiano che fa buona guardia sui loro diritti. Il caso ha voluto che i trent’anni di autonomia coincidessero con i centocinquanta anni dell’Unità d’Italia. Due feste che qui sono divenute complementari. Anche perché fu l’amministratore della Ducea nel 1860 a invocare l’intervento dei garibaldini per sedare la rivolta di Bronte per la divisione delle terre. Garibaldi, per la gratitudine che doveva agli inglesi sostenitori della spedizione dei Mille, inviò Bixio il quale istruì un processo sommario concluso con cinque condanne a morte. Ora che l’odio per la Ducea è divenuto un ricordo, si valuta con maggior obiettività il suo ruolo e la vita che vi si conduceva all’interno. Padre Galati ha scoperto un epistolario del quinto Duca, vissuto tra fine Ottocento e primi del Novecento, da cui si evince che era un mecenate. A Maniace aveva creato un cenacolo letterario. Egli stesso era scrittore, anche di cose siciliane, e tra gli ospiti non mancarono autori di una certa rilevanza come William Sharp. Risalta così l’ennesimo paradosso: questi umanisti, cultori dell’armonia classica, proteggevano il privilegio di coltivare il loro giardino delle muse mostrando all’esterno il volto brutale e repressivo del feudalesimo.

Salvatore Scalia fonte “La Sicilia” del 28-04-2011

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