La Corte d’Appello di Catania ha dichiarato l’incandidabilità dell’ex sindaco di Castiglione di Sicilia Antonio Camarda. Il politico è appena diventato consigliere comunale, dopo avere tentato nuovamente la scalata al palazzo municipale nel corso delle ultime elezioni amministrative, da cui è uscito sconfitto. Antonio Camarda era il primo cittadino di Castiglione quando, il 23 maggio 2023, il consiglio comunale era stato sciolto per infiltrazioni mafiose. La relazione prefettizia parlava di «un intrecciato e fitto tessuto relazionale», fatto di parentele e semplici «affinità» tra amministratori e mafiosi. Nel documento della prefettura, il sindaco Camarda – rieletto per il secondo mandato nel 2022 – veniva citato poiché «controllato già nel giugno 2017, all’indomani delle elezioni, in compagnia di un noto esponente della cosca locale». In primo grado, il tribunale di Catania aveva stabilito che questo riferimento fosse troppo generico e privo di riscontro. Impossibile, cioè, verificare le circostanze riportate. In più «nessuna condotta specifica viene imputata a Camarda – si leggeva nella sentenza – con riferimento alla mancata collaborazione degli uffici comunali né alcun condizionamento o influenza da parte del sindaco volti a favorire il comportamento ostruzionistico dell’apparato burocratico».
Quella decisione non era andata giù al ministero dell’Interno, che l’aveva impugnata, ed è stata adesso totalmente ribaltata nel secondo grado di giudizio. Diceva l’avvocatura dello Stato, nel ricorso presentato per conto del ministero e della prefettura di Catania: la responsabilità di Camarda starebbe nell’«omessa attivazione da parte sua, come figura di vertice dell’amministrazione comunale, dei poteri di indirizzo e controllo previsti in capo agli organi politici dei comuni sulla gestione amministrativa, finanziaria e tecnica dell’ente operata dall’apparato burocratico e, in particolare, dai dirigenti, dai funzionari e dai dipendenti comunali». Un argomento a cui i giudici di secondo grado sono sensibili. La Corte d’Appello richiama, infatti, una sentenza di Cassazione secondo la quale è sufficiente una «condotta anche soltanto omissiva, ove quest’ultima abbia costituito la causa o la concausa dello scioglimento dell’organo consiliare, potendo tale fattispecie realizzarsi quando si ometta di assumere, sia pure solo per colpa, le determinazioni utili per rimediare a ingerenze esterne e pressioni inquinanti derivanti da associazioni criminali, quantunque ereditate da precedenti consiliature».
Come a dire: non è solo il fare, il problema. È anche il non fare. Non controllare a chi vengono date licenze, appalti, affidamenti, contributi. O, quantomeno, verificare che gli uffici svolgano al meglio il loro lavoro. «Faremo ricorso in Cassazione – annuncia Camarda a La Sicilia – La sentenza non produce effetti sospensivi. Spetterà alla suprema Corte la parola definitiva sulla vicenda. Sono amareggiato ma continuo ad avere fiducia nella giustizia». Luisa Santangelo Fonte “La Sicilia” del 29-05-2025