Chiunque, dalla riviera ionica, decida di avventurarsi attraverso la valle del fiume Alcantara fino a Randazzo, non rimarrà deluso. Scoprirà una città dove l’atmosfera medioevale si respira ancora, grazie alle opere d’arte che sono testimonianza di una civiltà che la vide sede di re ed imperatori, caposaldo bellico, fortezza inespugnabile nella guerra del Vespro e grande, anzi il più importante, emporio commerciale della zona che il secolo XVIII riusciva ad offrire. Autorevoli gli studiosi che hanno narrato la storia di Randazzo che qui si sviluppò, durante il medioevo, all’interno della grande cinta muraria che ancora oggi rappresenta la viva testimonianza della difesa che i randazzesi seppero più volte organizzare e delle gesta di cui furono protagonisti. Il visitatore più distratto non potrà esimersi dall’osservare il campanile della chiesa di San Martino un vero gioiello di pietra ovvero, “il più bel campanile di Sicilia” (come lo ha definito il Maganuco) che, svettando in cielo con la sua leggerezza, innalza la più alta espressione del gotico siciliano. Ma il solo occhio non potrà raccontare le leggende che si tramandano ancora in questa città, coprendola di un affascinante mistero che la caratterizza. Bisognerà parlare con la gente e leggere i libri che della città parlano per scoprire affascinanti storie che s’intersecano fra verità e leggenda e che fanno della basilica di Santa Maria una fra le più belle e misteriose basiliche di tutta la Sicilia, con l’affresco bizantino della Madonna del Pileri, legato alla leggenda sull’origine della chiesa e la tavoletta «Salvezza di Randazzo» di Girolamo Alibrandi. In una cittadina medievale come Randazzo, ogni via del centro sembra un’opera d’arte come la Via degli Archi, col suo basalto lavico, quattro archi a sesto acuto e la finestra bifora con la colonna in marmo, non potevano mancare i musei. Al Castello di San Martino, che poi altro non è che un’unica superstite torre delle 8 originariamente sulla cinta muraria, il turista può visitare la collezione archeologica Vagliasindi, composta in gran parte da reperti di età greca risalenti al periodo che va dal VI al IV secolo a. C, ed arricchita da una bellissima collezione di pupi siciliani e recentemente anche dal “Pytos” (dal greco grande vaso di creta) risalente al 1500 A. C. L’offerta museale non si esaurisce qui. L’Istituto Santa Giovanna Antida custodisce, infatti, il museo di scienze naturali che ospita ricche collezioni zoologiche (farfalle, coleotteri, fauna tropicale, marina, rettili e uccelli, tra cui i 2.500 esemplari della collezione ornitologica Priolo), ma anche fossili, minerali, rocce e conchiglie.
Gaetano Guidotto Fonte “La Sicilia” del 06-12-2012