“No, mamma, tu esci. Con loro ci parlo io da solo”. Ha chiesto di avere accanto soltanto il suo avvocato. Così B. R., il sedicenne accusato dell’omicidio di Matteo Galati, ha affrontato il lungo interrogatorio (oltre tre ore, dalle 11,30 alle 15,45), al termine del quale Lia Castrogiovanni, Gip del Tribunale dei minori di Catania ha convalidato l’arresto del minore. A suo carico c’è un ordine di custodia cautelare in carcere per omicidio. “Non volevo ucciderlo, l’ho fatto per difendermi”. Come una litania, ai magistrati l’adolescente ha ripetuto la versione che aveva già raccontato al suo avvocato, Giovanni Milana. Avrebbe ammesso di aver colpito il ragazzino, aggiungendo di “essere stato costretto a uscire il coltello per l’aggressività dei suoi avversari, che erano più di uno”. Il sedicenne ha raccontato di aver tirato fuori il suo coltello “per spaventare i due”. Pare che nei ricordi del minore non ci sia traccia dell’accoltellamento di Matteo, mentre ricorda del ferimento dell’altro ragazzino “nell’ambito di una colluttazione”. La strategia della legittima difesa è confermata anche dalla richiesta del difensore: estensione del mandato del medico legale per valutare le ferite al collo e al viso che l’omicida avrebbe riportato. Una tesi seccamente respinta da Giovanni Schilirò, legale della famiglia Galati, che ha nominato due periti di parte, i medici Giuseppe Caruso e Antonio Sciabica. “Sono amareggiato da questa scelta, tanto più da ex legale della famiglia dell’indagato (padre in carcere per reati di droga, madre con precedenti penali, ndr) perché mi sembra una mistificazione della realtà, senza alcun pudore. Il profilo familiare e personale del minore, la scelta premeditata di portare con sé il coltello, la differenza di corporatura fra i due minori (Matteo, nonostante avesse tre anni in meno, era molto più corpulento, ndr), le testimonianze e i riscontri dell’autopsia vanno tutti verso la medesima direzione: un’aggressione consapevole, per uccidere”.
Mario Barresi fonte “La Sicilia” del 05-08-2010