Catania. Sugli appalti truccati dei servizi sociali arrivano le prime ammissioni, sia pure parziali, da parte dei principali indagati. È accaduto ieri nel corso degli interrogatori di garanzia condotti dal gip D’arrigo alla presenza del pm Lucio Setola, che ha coordinato l’inchiesta svolta dai carabinieri del Nas. A fare le ammissioni più congrue sarebbe stato il burocrate Ubaldo Camerini, 62 anni, originario di Valguarnera, ritenuto il capo di un’associazione per delinquere che gestiva illecitamente i fondi assegnati dallo Stato e dall’assessorato regionale alla Famiglia agli uffici da lui diretti, ovvero la Direzione dei servizi socio sanitari del Comune di Catania e il Distretto socio-sanitario 16. Soldi assegnati solo in funzione di una «clientela» e a discapito dei cittadini appartenenti alle fasce sociali deboli. Camerini, dopo aver trascorso una notte nel carcere di piazza Lanza, dopo l’interrogatorio ha ottenuto i domiciliari. Assistito dall’avvocato Vittorio Lo Presti (lo stesso professionista che assiste l’ex assessore Giuseppe Zappalà) il burocrate avrebbe fatto generiche ammissioni, precisando che le coop favorite avevano un loro sponsor politico, lasciando così intendere che a quel tempo era quello l’«andazzo»; i fatti relativi a questa inchiesta risalgono più o meno al periodo della Giunta Scapagnini. Anche l’ex componente della Giunta Scapagnini (indagato pure per il «buco di bilancio al Comune») ha ammesso qualcosa, ma ha respinto il reato associativo, affermando solo di avere nominato alcuni commissari di gare d’appalto per ricambiare alcuni non meglio identificati favori politici a sfondo elettorale; l’uomo si trova ancora ricoverato nel reparto di Cardiologia al Cannizzaro piantonato dai carabinieri (nelle scorse settimane aveva avuto un infarto e giovedì, quando si sono presentati i Nas per arrestarlo, è stato colto da malore). Resta ancora in carcere Nunzio Parrinello (difeso dall’avvocato Carmelo Galati), consigliere provinciale Mpa (subito sospeso dal partito) presidente della coop «Sturzo», il quale ha negato di aver stipulato accordi per ottenere gli appalti, ammettendo però una sola ipotesi di «falso». Invece Paolo Guglielmino, 42 anni, rappresentante della coop «Socio sanitaria» di Siracusa, assistito dagli avvocati Domenico Mignosa e Rosario Guastella di Siracusa, recluso nel carcere aretuseo, sarà interrogato nei prossimi giorni su rogatoria del gip di Catania, ma i difensori annunciano già istanza di scarcerazione perché l’uomo è incensurato e non vi sarebbe pericolo di inquinamento prove; di fatto, però, l’incendio di ieri nella sede della «Cooperativa sanitaria» qualche sospetto che si volessero distruggere importanti documenti lo alimenta, ma «l’indagato – asserisce l’avvocato Mignosa – ieri mattina, quando ha saputo del rogo è caduto dalle nuvole». Il gip ha anche interrogato l’avvocato ipovedente Paolo Novello, consigliere Uci e rappresentante della coop «Città del Sole» (altra società che per l’accusa faceva parte della «cricca» dei favoriti negli appalti). Per lui l’avvocato Caldarera ha chiesto la revoca dei domiciliari. Gli altri indagati saranno sentiti a partire da domani.
“APPALTI ALLA CRICCA PER FAVORI ELETTORALI”
Con gli interrogatori di garanzia cominciati ieri sono arrivate le prime parziali ammissioni dei principali indagati. Soprattutto da quanto avrebbero dichiarato i presunti capibanda Ubaldo Camerini e l’ex assessore comunale ai Servizi sociali Giuseppe Zappalà (che si trova ancora piantonato in ospedale per il malore accusato nel momento dell’arresto), è venuto fuori lo sconcertante quadro di una «prassi» che in quel periodo – gli anni in cui il bilancio comunale della città veniva eroso dalla Giunta Scapagnini – era considerata pressoché normale. Il processo per il buco di bilancio è già in fase avanzata; vi sono imputati l’ex sindaco Umberto Scapagnini, 15 ex assessori comunali (tra i quali anche Giuseppe Zappalà) e due dirigenti di Palazzo degli Elefanti. L’inchiesta sugli appalti truccati nei due uffici diretti dal dottor Ubaldo Camerini – I Servizi sociali e Il Distretto socio-sanitario n. 16 – è basata, secondo il costrutto accusatorio – su un’associazione per delinquere finalizzata alla gestione illecita di ingenti fondi pubblici, che, per procurarsi illeciti profitti, avrebbe commesso una lunga serie di reati (come truffe ai danni dello Stato e della Regione siciliana, peculati, abusi d’ufficio, turbative d’asta, frodi in forniture pubbliche, falsi materiali di atti pubblici, falsi ideologici in atti pubblici e interruzione di pubblici servizi). In sostanza la maggior parte degli atti sequestrati dalla magistratura, per un verso o per un altro, sarebbero risultati irregolari. Dell’associazione avrebbero fatto parte, insieme al direttore Camerini, l’ex assessore comunale ai Servizi Sociali Giuseppe Zappalà (il quale ieri davanti al gip d’Arrigo ha però negato il reato associativo); Maria Teresa Cavalieri, Carmela Vampa, Vincenza Li Pani, Lucia Rosto, Giuseppa Musumeci, Maria Brunetto e Renato Briante, tutti dipendenti dei servizi sociali, alcuni distaccati al Distretto 16, tranne Briante che era un «esterno». Fermo restando che le posizioni di tutti i dipendenti dovranno essere valutate una per una e che ciascuno avrà il diritto di discolparsi com’è suo diritto, la pubblica accusa ritiene che essi abbiano cooperato per ottenere illeciti profitti per sè e ad altri e nel contempo per consolidare il consenso elettorale dell’assessore Zappalà o di altri soggetti politici della «cricca» in occasione – in particolare – delle elezioni amministrative del 2007 che si sono svolte in diversi comuni della provincia etnea, diversi dei quali compresi nel distretto D16. E come tutte le organizzazioni che si rispettino, anche all’interno di questo «giro» – sempre secondo l’accusa – ciascuno rivestiva un ruolo ben preciso; il maestro dirigeva e gli orchestrali eseguivano: Camerini e Zappalà, organizzatori e «capi», emettevano i provvedimenti amministrativi illeciti e controllavano che le procedure per l’assegnazione degli appalti andassero secondo i loro piani; controllavano pure l’operato del personale in servizio nel Distretto 16 e ai Servizi Sociali, si accordavano con i soggetti «esterni» (che di volta in volta potevano essere uomini politici, imprenditori o rappresentanti istituzionali locali); e sempre Camerini e Zappalà, sono accusati di avere acquisito in maniera diretta consistenti somme di denaro, per sé e per la «cricca», giustificandoli con provvedimenti di liquidazione (firmati da loro stessi) fondati su motivazioni false; infatti sembra che questi mandati di pagamento, nella relativa documentazione, recassero falsità persino nelle date e indicazioni mendaci su attivitivà non svolte). Le dipendenti comunali Cavalieri, Li Pani, Rosto e Vampa (distaccate al Distretto Socio-sanitario) sono accusate di avere collaborato col loro capo, Camerini, e con Zappalà, nell’allestimento dei provvedimenti illeciti e anche di aver messo da parte alcuni numeri di protocollo delle pratiche per far sì che i capi li usassero per la propria convenienza. Giuseppa Musumeci, invece, responsabile dell’organizzazione dell’Ufficio Fondi Speciali dei Servizi sociali, per avere eseguito le direttive del «capo», avrebbe ricevuto lauti compensi, ma l’accusa pensa che quei soldi fossero illeciti, perché ottenuti grazie a provvedimenti falsi e relativi ad attività non svolte. Sarebbero state acquisite agli atti anche alcune «determine dirigenziali» con le quali Camerini ed altri dipendenti si spartivano somme di denaro per l’«impegno profuso» in attività non svolte. Soldi ricevuti senza alcun titoli e sottratti ai bisogni della gente bisognosa, dei vecchietti e dei disabili. Renato Briante e Maria Cavalieri, inoltre, si sarebbero «compromessi» nel momento in cui furono nominati nel Gruppo per l’approntamento del nuovo Piano di zona del Distretto perché, a quanto pare, cercarono di convincere altri componenti del Gruppo ad approvare il contenuto del vecchio Piano di zona, senza neppure controllarne il contenuto.
Articoli di Giovanna Quasimodo, fonte “La Sicilia” del 18-07-2010