Il sindaco di Bronte, Pino Firrarello, ricorda il 150’ anniversario dei “Fatti di Bronte” coinvolgendo docenti e ragazzi di tutte gli istituti scolastici di Bronte. Il primo cittadino questa mattina ha riunito i dirigenti scolastici di tutte la scuole della laboriosa cittadina per proporre loro di inserire all’interno dei proprio Pof (Piani dell’offerta formativa) iniziative atte a ricordare quando accaduto a Bronte nel 1860, quando un battaglione di Bixio soffocò nel sangue la rivolta dei contadini. “Quest’anno – ha affermato in apertura il sindaco – ricorre il 150’ anniversario dei “Fatti di Bronte”. Una ricorrenza che non è possibile far passare inosservata, soprattutto se analizzata nel contesto storico dell’unità d’Italia. A voi il compito di prevedere iniziative di carattere culturale come premi per poesie, componimenti, disegni o perché no rappresentazioni teatrali che abbiano il duplice obiettivo di far conoscere ai ragazzi cosa è realmente accaduto, stimolando il loro senso critico e celebrare la ricorrenza”. All’incontro hanno partecipato il presidente del Consiglio delle donne, Pina Meli e tutti i rappresentanti degli istituti che hanno accolto l’invito. Presenti anche l’assessore alla Pubblica Istruzione, Nunzio Calanna, l’assessore Alfredo Pinzone e la dirigente del Comune Teresa Sapia: “A questa iniziativa – ha aggiunto Calanna – non sarebbe sbagliato integrare il progetto sulla legalità, sfruttando anche la presenza del professore antimafia Nicola Mannino, presente a Bronte in occasione dell’istituzione del “Parlamentino della legalita”. I docenti hanno accolto l’iniziativa con entusiasmo e verificheranno la possibilità di realizzare idee e programmi per incontrarsi nuovamente con il sindaco lunedì 25 prossimo.
Cosa accade nel 1860
Dopo lo sbarco de “i Mille” e la successiva liberazione, nell’arretrato entroterra siciliano si erano accese molte speranze di riscatto sociale da parte soprattutto della media borghesia e delle classi meno abbienti. A Bronte la contrapposizione era forte fra la nobiltà latifondista rappresentata dalla britannica Duchessa di Nelson, dalla proprietà terriera, dal clero locale e dalla società civile, quest’ultima ispirata da principi socialisti e liberali. Il 2 agosto al malcontento popolare si aggiunsero diversi sbandati e briganti, tra i quali Calogero Gasparazzo, provenienti dai paesi limitrofi e scattò la scintilla dell’insurrezione sociale. Fu così che vennero appiccate le fiamme a decine di case, al teatro e all’archivio comunale. Quindi iniziò una caccia all’uomo e ben sedici furono i morti fra nobili, ufficiali e civili, prima che la rivolta si placasse. Per riportare l’ordine giunse un battaglione di garibaldini agli ordini di Nino Bixio. I critici hanno colto le diverse sfumature degli intenti di Garibaldi, che probabilmente non erano solo volti al mantenimento dell’ordine pubblico, ma soprattutto a proteggere gli interessi dell’Inghilterra, Paese che fortemente sosteneva l’impresa dei Mille. Quando Bixio iniziò la propria inchiesta sui fatti accaduti larga parte dei responsabili erano fuggiti altrove, mentre alcuni ufficiali colsero l’occasione per accusare gli avversari politici. L’avvocato Nicolò Lombardo venne ingiustamente additato come capo rivolta senza fra l’altro delle prove. Il tribunale misto di guerra in un processo durato meno di quattro ore giudicò ben 150 persone e condannò alla pena capitale Nicolò Lombardo, insieme ad altre quattro persone: Nunzio Ciraldo Fraiunco, Nunzio Longi Longhitano, Nunzio Nunno Spitaleri, Nunzio Samperi. La sentenza venne eseguita mediante fucilazione il 10 agosto, all’alba.
L’Addetto stampa Gaetano Guidotto