Droga ed estorsioni. In città come in provincia i clan riempiono la “bacinella” battendo principalmente queste strade. Si, è vero, talvolta ci si può infilare in qualche grosso appalto ma è fuori di dubbio che la liquidità immediata arriva soprattutto proprio grazie a questo genere di affari. L’ennesima conferma di ciò arriva a conclusione dell’indagine “Gatto selvaggio”, condotta dai carabinieri della compagnia di Randazzo e coordinata dai sostituti procuratori della Direzione distrettuale antimafia Carmelo Zuccaro, Iole Boscarino e Antonino Fanara. E’ Stato il procuratore Vincenzo D’Agata, che ieri si è velocemente congedato dalla stampa in quella che lui ha definito “l’ultima conferenza prima di essere posto in quiescenza”, ad illustrare i dettagli dell’operazione così definita poiché durante le indagini nel corso degli appostamenti (anche per piazzare le “cimici” poi servite nell’attività specifica), i militari si sono imbattuti due volte in questo animale tipico di quelle zone dell’Etna. Il procuratore ha ricordato che sul centro di Bronte gravano gli interessi di due gruppi criminali: quello di Francesco Montagno Bozzone, più vicino ai “carcagnusi” di Santo Mazzei, e quello di Salvatore Catania, considerato un fedelissimo di Santapaola.
Ed è stato proprio indagando sul Catania che i carabinieri hanno avuto modo di ricostruire questi affari illeciti. Il fatto è che l’indagine sfociata nei diciotto arresti di ieri viene considerata una sorta di continuazione del blitz “Padrini” del 2008: Catania è già stato condannato in abbreviato per quei fatti, cosicché il leader del gruppo dei Santapaoliani non verrà raggiunto da alcun provvedimento restrittivo in questa circostanza e continuerà a restare a piede libero, dove si trova già da qualche mese, ovvero dopo la scarcerazione dell’estate del 2010. Ovviamente i fatti contestati sono antecedenti all’operazione “Padrini”, quindi sono compresi fra il 2007 e il 2008, ovvero nel biennio (poco meno) in cui il Catania – scarcerato dopo altra detenzione – si rifugiò in una casa di campagna in cui riceveva pochissime persone. Fra queste il cognato, Sebastiano Russo, e l’incensurato Emanuele Bonfiglio, cui avrebbe dato mandato di seguire il traffico di droga. Bonfiglio si sarebbe mosso con grande “professionalità”, prendendo contatti con fornitori siciliani che avevano le loro basi in Lombardia e Toscana, rispettivamente Nunzio Galvagno (residente nel Milanese) e Benedetto Fazio (nel Fiorentino). I due avrebbero fatto partire, destinazione finale Bronte, svariati quantitativi di cocaina, che in qualche circostanza sarebbero stati graditi, mentre in altre occasioni sarebbero stati considerati “robaccia” dagli acquirenti, tant’è vero che nelle intercettazioni telefoniche eseguite dai carabinieri si evincono chiaramente le lamentele del Bonfiglio per la scarsa qualità dello stupefacente ricevuto. Diversi i sequestri effettuati dagli stessi carabinieri. In uno di questi, il più consistente, nell’agosto del 2007, l’Arma mise le mani su un carico da 270 grammi di cocaina, che i corrieri Giuseppe Uccellatore e Fabio Vicario stavano trasportando su una “Bmw” presa a noleggio e “lavorata” dall’esperto carrozziere Luca Lo Foco, il quale si era premurato di creare un nascondiglio all’interno del serbatoio. Nel corso delle indagini, che hanno permesso di registrare anche alcune scaramucce fra il gruppo del Montagno Bozzone e quello del Catania ( i carabinieri misero sotto sequestro delle armi, ma anche un motociclo di provenienza furtiva e dei caschi integrali che, a loro dire, sarebbero dovuti servire per un’azione di fuoco), è stata fatta luce anche su una estorsione ai danni di una sala giochi di Bronte: il titolare si sarebbe rifiutato di pagare e per questo subì il danneggiamento di alcune macchine, prima che la denuncia ai militari dell’Arma fermasse quell’andazzo delle cose.
GLI ARRESTATI: Bellitto Grillo Gabriele nato a Bronte l’1-10-1966, domiciliato a Pesaro; Bonfiglio Emanuele nato a Bronte il 4-6-1981, residente a Bronte; Capace Giovanni nato a Catania il 31-3-1990, residente a Bronte; Fazio Benedetto nato a Catania 31-10-1963, domiciliato a Bronte; Lanzafame Irene nata a Bronte il 6-7-1962, domiciliata a Pesaro; Longhitano Giuseppe nato a Catania il 22-1-1971, domiciliato a Paternò; Pappalardo Eduardo nato a Bronte il 6-6-1998, residente a Bronte; Prisco Antonino nato a Bronte il 22-4-1990, residente a Bronte; Reale Claudio nato a Bronte il 15-6-1971, residente a Bronte; Russo Antonino nato a Bronte il 6-6-1988, residente a Bronte; Russo Sebastiano nato a Bronte il 22-1-1963, residente a Bronte; Sciacca Vincenzo nato a Catania il 12-6-1962, residente a Bronte; Triscari Antonino nato a Bronte il 3-9-1978, residente a Bronte; Uccellatore Giuseppe nato a Werdhol (Germania) il 23-3-1984, residente a Bronte; Vicario Fabio nato a Colonia (Germania) il 23-5-1987, residente a Bronte.
AI DOMICILIARI: Galvagno Nunzio nato a Bronte il 8-4-1984, residente a Vizzolo P. (Milano); Gambino Davide nato a Plettenberg (Germania) il 26-1-1987, residente a Bronte; Lo Foco Luca nato a Milano il 6-10-1967, residente a San Giuliano Milanese (Milano).
Concetto Mannisi fonte “La Sicilia” del 15-02-2011
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LA SVOLTA E LE REAZIONI
Ai carabinieri e alla magistratura sono arrivati i complimenti da parte del sindaco di Bronte, Pino Firrarello e del presidente della Provincia, Giuseppe Castiglione: “Rivolgo il mio ringraziamento ai carabinieri ed alla Procura della Repubblica – ha affermato Firrarello – per gli importanti risultati ottenuti con questa operazione. Per la stragrande maggioranza di Bronte, che è dalla parte della legalità, operazioni come questa restituiscono quella fiducia nella capacità dello Stato di garantire la legalità e salvaguardare la sicurezza dei cittadini, entrambi punti irremovibili e qualificanti dell’agire della mia amministrazione comunale”. Il presidente della Provincia, Castiglione, ha voluto esprimere il “più vivo apprezzamento al Comando carabinieri di Randazzo e al capitano Donato Pontassuglia, al comandante provinciale Giuseppe La Gala e alla magistratura che ha coordinato le indagini. Un plauso a tutte le forze dell’ordine che ogni giorno si impegnano con professionalità e tenacia per il ripristino della legalità nei nostri territori”. E’ una Bronte più incuriosita che attonita, quella che ieri ha appreso la notizia dell’operazione dei carabinieri che hanno arrestato 18 persone. Già altre volte, lo squillante e frenetico suono delle sirene ha infranto il silenzio del mattino di una città teatro di agguati di stampo mafioso spesso falliti e altre volte fatali per innocenti che nulla avevano da spartire con la malavita, come il giovane Salvatore Costanzo. Del resto, nella cittadina un po’ tutti immaginavano che dopo la morte di Alfredo Incognito, ucciso per mano del fratello Marcello (chi non ricorda l’omicidio al videotape) l’unica cosca mafiosa regnante, legata alla famiglia catanese Santapaola – Ercolano, si fosse scissa in due parti guidate da Salvatore Catania, rimasto fedele a Santapaola e Francesco Montagno, avvicinatosi invece alla famiglia dei Mazzei – Carcagnusi. E’ difficile che due galli nello stesso pollaio non litighino e solo sulla carta l’intervento dei vertici catanesi di “Cosa nostra” è riuscito a far trovare equilibri fra i clan, che si divisero la città di Bronte in due: la parte a nord a Montagno e quella a sud a Catania. Patto che, a sentire gli investigatori, Turi Catania si sforzò con ogni mezzo a mantenere, anche a costo mettendosi contro i suoi stessi uomini. Del resto Catania sapeva che la guerra avrebbe certamente attirato i carabinieri. Oggi se il clan Montagno, soprattutto con l’operazione Trash, è stato praticamente e forse definitivamente decapitato dai carabinieri, “Gatto selvaggio” ha riequilibrato i destini dei due clan contendenti, assicurando alla giustizia gli uomini migliori di Turi Catania. Emanuele Bonfiglio, per esempio, è considerato dagli inquirenti il facente funzioni del capo durante la sua permanenza in carcere, l’unico a poter interloquire con lui che gli aveva affidato il compito di coordinare lo spaccio delle sostanze stupefacenti e di nascondere quelle armi che i carabinieri di Bronte trovarono nel 2007. Anche Gabriele Grillo Bellitto era considerato un braccio destro di Catania, tant’è che era una sorta di addetto ai rapporti con la cosca e uomo di fiducia nello spaccio della droga. Il tentato omicidio che subì nel maggio del 2007, fece però incrinare i rapporti con il capo, reo a suo pensare di non averlo né protetto né vendicato. Bellitto, comunque, non era il solo a contestare l’atteggiamento attendista e prudente di Turi Catania. Fra questi c’era la famiglia Reale, propensa a vendicare un parente ucciso ed intenzionata a far fuori l’altro boss, Francesco Montagno. Per questo, Claudio Reale, sempre nel 2007, promosse a Bronte un summit con il latitante Roberto Boncaldo, forse con l’intento di crearsi dei collegamenti diretti con i leader provinciali di Cosa Nostra e liberarsi così della gerarchia di Turi Catania. I carabinieri fecero irruzione nel casolare di campagna che ospitava il vertice mafioso, arrestando tutti. Sarà un caso, ma Claudio Reale a gennaio e dicembre del 2009 subì due tentati omicidi. Gli altri arrestati nell’operazione all’interno del clan, avevano tutti un ruolo preciso che, andava dallo spaccio di droga, a tenere i contatti con i trafficanti del nord Italia.
P.Z. fonte “La Sicilia” del 15-02-2011